Teoria filosofica che considera ogni manifestazione
artistica del tutto indipendente dalle altre manifestazioni del pensiero umano
quali la scienza, la logica, la morale, l'utile. Il tema, largamente trattato
dai maggiori filosofi di tutti i tempi, solo nel Settecento ebbe uno sviluppo
autonomo; prima di allora se ne possono trovare limitati riscontri nell'estetica
aristotelica e particolarmente nella
Poetica in cui Aristotele distingue
nettamente la poesia dalla storia e dalla scienza. Un chiaro esempio di
a.
dell'a. si trova in Pindaro che descrive una cerva dotata di corna;
scientificamente l'affermazione dell'esponente della lirica corale greca
è assolutamente errata in quanto la femmina del cervo non è mai
provvista di corna. Tuttavia sotto l'aspetto poetico tale particolare è
credibilissimo, ed è appunto a questo che tende la poesia, che ama
allontanarsi dal rigore scientifico per concedersi immagini partorite dalla
fantasia anche se contenute entro i limiti del credibile. Sir Philip Sidney,
abilissimo commentatore inglese delle teorie aristoteliche, scrisse, nel XVI
sec., che la poesia "ha il pieno e sacrosanto diritto di scostarsi dalla
verosimiglianza e dall'esattezza scientifica, affinché il poeta possa
cavalcare a briglia sciolta l'alato cavallo del suo pensiero librandosi al di
sopra di ogni formula filosofica, storica o scientifica". Ma anche il letterato
britannico, come tutti gli altri studiosi di Aristotele, e particolarmente
l'italiano Ludovico Castelvetro, non può essere considerato che un
precursore del concetto di
a. dell'a., concetto che ebbe ufficialmente
origine soltanto nel Settecento e può essere riconosciuto quale prodotto
genuino dell'estetica inglese di quel secolo. Nel 1725 F. Hutcheson
pubblicò un'opera di estetica intitolata
Inquiry into the Origins of
Our Ideal of Beauty and Virtue in cui attribuisce al
Senso interiore
la facoltà di conoscere il
bello nell'arte, mentre affida al
Senso morale il compito di distinguere la
virtù dal
vizio e lo assegna quindi al mondo dell'etica. Si deve comunque ricordare
che soltanto nel XVIII sec. il concetto di arte assunse il significato anche
oggi dato alle belle arti; ciò spiega come in questo periodo sia stato
possibile giungere alla concezione dell'
a. dell'a. nel significato oggi
universalmente accettato. Nello stesso secolo nacque, parallelamente, anche
l'idea di
gusto, di quella facoltà cioè, che ci pone in
grado di creare le opere d'arte e di godere delle stesse. L'alleanza dei due
concetti arte e gusto rese possibile una netta distinzione tra
un'attività artistica pura e una qualsiasi altra attività umana e
non soltanto sul piano pratico ma anche su quello psicologico. Nel 1756
uscì un'altra opera molto interessante sul concetto dell'
a.
dell'a., scritta da E. Burke (
A Philosophical Inquiry into the Origin of
Our Ideals of the Sublime and the Beautiful) nella quale l'autore sostiene
che la rappresentazione pittorica di un nudo non deve assolutamente essere
giudicata basandosi sulla perfezione anatomica in quanto un errore di carattere
tecnico-anatomico da parte del pittore non ha alcuna influenza sulla
validità della sua opera d'arte. Sempre nel XVIII sec. anche i Tedeschi
giunsero a confermare l'
a. dell'a.; grande valore ebbe, ad esempio,
l'opera
Aesthetica di A. G. Baumgarten le cui teorie vennero poi
largamente riprese da Benedetto Croce. Alla base di queste teorie è il
principio secondo il quale la valutazione dell'arte riguarda esclusivamente il
verosimile e non il vero o il falso. Il concetto di
a. dell'a.
venne formulato anche dall'italiano G.B. Vico (nel 1730) in
Scienza nuova
seconda, per quanto tale opera sia inficiata dal fatto che Vico non aveva
ancora chiaramente assorbito il concetto di
belle arti nel senso attuale.
Ciononostante il filosofo napoletano distinse nettamente la poesia dalla
filosofia, dalla scienza e dalla storia, ammettendo per essa l'
universale
fantastico che conduce alla creazione di opere figlie della fantasia ma non
dell'intelletto, il quale invece muove gli ingranaggi dell'
universale
ragionato che genera le opere logico-filosofiche. Interessantissime e
basilari sono le teorie di E. Kant che, apparse nella sua
Critica del
giudizio (1790), contribuirono largamente allo sviluppo del concetto di
a. dell'a. con la postulazione dell'esistenza di un
giudizio
riflettente dal quale hanno origine la scoperta dell'intrinseca
finalità delle cose e le facoltà non conoscitive né
pratiche dell'attività umana; tale giudizio si differenzia totalmente dal
giudizio determinante responsabile della struttura gnoseologica della
realtà. Più tardi F. Schlegel, F.W. Schelling, J.C. Hölderlin
e A. Schopenauer, con l'avvento del Romanticismo - che rappresenta l'età
aurea del concetto di
a. dell'a. - concepirono l'arte come
genialità, sentimento, fantasia, intuizione ed emotività pur
affermando che essa è nello stesso tempo anche etica. Altri sostenitori
convinti dell'
a. dell'a. furono il tedesco Novalis e J.G. Hamann che
già nel 1762 aveva precorso i romantici dichiarando che l'arte è
una "esplosione di emotività fantastica". Strenui difensori di tali
concetti furono anche S.T. Coleridge (
Biographia literaria) ed E.A. Poe
(
The poetic principle) limitatamente all'autonomia della poesia. Nella
seconda metà dell'800, fautori dell'
a. dell'a. furono R. Vischer,
ideatore dell'"estetica dell'empatia", S.T. Lipps e J. Volket. Per quanto
concerne l'autonomia della musica notevole è il saggio
Vom
Musikalisch-Schönen di E. Hanslick (1854). F. Nietzsche sostenne il
concetto di
a. dell'a. considerando addirittura l'arte come
un'attività superiore a qualsiasi altra, sotto qualunque aspetto essa si
presenti. Anche B. Croce, nella sua
Estetica (1905), sostenne l'
a.
dell'a. mentre l'estetica moderna è piuttosto problematica, rispetto
a tale concetto. Le principali critiche rivolte all'idea di
a. dell'a.
sono, in particolare, quelle espresse da J. Dewey, il maggior esponente del
Pragmatismo, nella sua opera
Art as Experience pubblicata nel 1934;
secondo le sue teorie, il filosofo americano, lungi dal riaffermare lo
schematismo concettuale proposto dall'estetica idealista, seppure rifacendosi,
tutto sommato, ad Hegel, attribuisce solo all'esperienza i processi
perfezionativi dell'arte; tale esperienza deriva dall'evolversi graduale della
natura e della cultura dell'artista. Ne consegue una dipendenza dell'arte dalle
altre manifestazioni della conoscenza umana e perciò la
non-ammissibilità dell'
a. dell'a. Dewey, inoltre, ammette uno
stretto rapporto fra arte e società, in quanto la prima si evolve
continuamente alimentando, sebbene in assoluta libertà, il
perfezionamento della società umana. Notevole importanza riveste anche il
concetto di U. Spirito, propugnatore dichiarato dell'Attualismo; partendo da una
critica ragionata del pensiero di B. Croce e, soprattutto, di De Sanctis - che
affermò essere l'arte "identità di intuizione e di espressione" -
egli arriva alla conclusione che l'arte non può essere autonoma in quanto
essa sarebbe "una ricerca sensibile dell'universale" e perciò
"strettamente legata alle nozioni scientifiche, logiche, morali e utilitarie".
G. Della Volpe si rifà, invece, all'estetica di Carlo Marx, anch'essa
contraria all'idea di
a. dell'a.; confermando - come aveva già
fatto il russo G. Plekanov - essere l'arte "un'attività umana che dipende
dalle leggi dello sviluppo sociale": esiste quindi un nesso indissolubile tra
l'arte e la società. Anche l'ungherese G. Lukacs si richiama
all'ideologia marxista per quanto riguarda l'estetica e anch'egli, naturalmente,
si oppone al concetto di
a. dell'a. ma senza tentare di abbattere la
barriera difensiva creata da Hegel intorno a tale teoria idealistica. Ampliando
e commentando il discorso marxista sui vari problemi dell'estetica, allarga il
campo delle teorie contrarie all'
a. dell'a. il francese H. Lefebvre,
chiarendo abilmente i concetti arte-lavoro e arte-società, e validamente
contrapponendosi ai sostenitori del praxisticismo dell'arte. Altro nemico
dell'
a. dell'a. può essere definito J.P. Sartre che considera
l'"artista impegnato" come partecipe vivo e attivo alla lotta d'ogni giorno tra
i diversi gruppi sociali; di conseguenza Sartre sostiene che un'opera d'arte non
è il risultato di un "quid" autonomo ma il prodotto del vincolo
uomo-società, uomo-conoscenza. Molti altri filosofi contemporanei hanno
dimostrato la loro avversione al concetto di
a. dell'a.; fra questi ci
limitiamo a citare il francese M. Merleau-Ponty, autore dell'apprezzata opera
Phénoménologie de la perception, e il tedesco M.
Heidegger.